12 settembre 2020 Luigi Antonio Luvinetti
Quando si discute della comunicazione e delle sue barriere non si può fare a meno di parlare di un processo mentale che tutti noi abbiamo sperimentato in un modo o nell’altro: il pregiudizio.
I pregiudizi possono, a tutti gli effetti, compromettere l’efficacia del processo comunicativo portandolo fino al più completo fallimento.
Ma che cos’è un pre-giudizio, come si forma e perché è così determinante?
Un pre-giudizio, lo dice la parola stessa, è un giudizio dato su qualcosa o qualcuno prima ancora di avere avuto la reale possibilità di conoscere quella persona o di avere provato quell’oggetto.
Questo avviene perché il nostro cervello ama usare delle scorciatoie per trovare le soluzioni che cerca e si sa… le scorciatoie ci fanno risparmiare tempo ed energia. Per fare tutto questo, il cervello tende a generalizzare delle informazioni per creare una regola da poter utilizzare quando ne avrà bisogno. In pratica tende a fare “di tutta l’erba un fascio”.
In psicologia si parla bias cognitivo.
Di solito il pregiudizio nasce da una informazione che ci è stata data da qualcuno di cui ci fidiamo e che, automaticamente, diamo per buona senza averla verificata in prima persona.
Mai sentito sentito parlare dell’effetto Nobel? É quello che avviene quando una persona che ha una certa autorevolezza in un determinato campo esprime una sua personale idea su qualcosa di non attinente alle sue competenze e automaticamente anche ciò che ha detto (che potrebbe non essere corretto) viene percepito come una verità.
Il cervello dice:”Se lo ha detto lui, deve essere vero!”
Altre volte il pregiudizio nasce dall’idea che ci siamo fatti di qualcuno perché abbiamo vissuto un esperienza poco positiva con una persona e per semplificare e proteggerci, il nostro cervello elabora una strategia che ci avverte di un probabile pericolo qualora venissimo di nuovo in contatto con qualcuno che lui ritiene simile a quella persona che ci ha causato una volta, in passato, una sorta di dolore.
Il cervello dice:”Se è successo una volta, può ripetersi!”
Il pre-giudizio è un meccanismo inconscio che il cervello crea per difenderci da un eventuale dolore. La fiamma che alimenta questo processo è, però, la mancanza di conoscenza che ci può fornire solo l’esperienza personale.
Il giudizio sta nel verificare come stiano effettivamente le cose e poi tirare le somme.
Se vogliamo veramente comunicare con qualcuno, bisognerebbe avere il coraggio di mettere da parte (almeno momentaneamente) eventuali pregiudizi e valutare se valga la pena o meno di investire tempo ed energie per creare qualcosa con quella persona.
Ma se partiamo dal presupposto sbagliato, tutta la nostra comunicazione sarà gestita da quel pensiero.
Chissà quante occasioni ci siamo lasciati scappare senza neanche accorgercene?
Quello che volevo dire è che come educatori abbiamo l’obbligo morale di metterci in gioco per primi nel processo comunicativo. Abbiamo quella responsabilità che deriva dalla consapevezza di non sapere mai chi abbiamo davanti e quali cose potrebbe essere in grado di fare se gliene dessimo la possibilità
Noi siamo possibilità, non le togliamo.
Luigi Luvinetti – Coach in Programmazione NeuroLinguistica