Di Isotta Orlando
Zona rossa.
Battuta d’arresto.
Una nuova riflessione sul tempo, perso.
Sul tempo speso.
Sulla forsennata corsa alla produttività e sul tempo libero.
Ho sempre detestato chi mi chiede cosa faccio nel mio tempo libero, un po’ perché non ne ho mai avuto molto, un po’perché mi è difficile stabilire un confine chiaro tra tempo libero e tempo “occupato”, mi sono sempre chiesta se le ore passate tra schiamazzi e ginocchia scoperte in pieno inverno e quelle spese a organizzare le attività fossero il mio tempo libero.
No. Non lo era, era semplicemente il mio tempo, tempo da spendere, da vivere e da condividere.
A volte mi rendo conto di riempire troppo il mio tempo, di saltare senza soluzione di continuità da una parte all’altra della città, da un lavoro all’altro, spesso cercando di lavorare anche lungo il tragitto. Me ne rendo davvero conto solo ora che è sono anni che faccio così, da quando prendevo il treno per Venezia ogni giorno e sfruttavo ogni briciolo di tempo vuoto per studiare mentre i miei pomeriggi diventavano sempre più un tetris d’impegni. Me ne rendo conto ora, mentre attraverso una Udine quasi deserta dettandomi questo articolo tra gli sguardi allibiti dei pochi passanti.
Nei momenti più intensi nella mia agenda tenevo uno spazio per fare la doccia, per essere sicura di avere il tempo di farla.
E così ho accolto quasi con gioia la notizia del primo lockdown, finalmente del tempo solo per me, per le mie idee, i miei progetti per tutto quello che avevo fino ad allora procrastinato (e per la tesi, sicuramente scriverò la tesi).
Non mi sono annoiata quel primo lockdown e non ho nemmeno scritto la tesi, ma mi sono resa conto, finito quel periodo, di aver accumulato energia non spesa, voglia di rimboccarmi le maniche, avevo voglia di Fare. Di scrollarmi dal tempo letargico, di scuotermi ed impegnarmi. E qui arrivano i cavalieri della ma storia, Liberi Educatori, che hanno dato ascolto a questa mia muta preghiera, siamo scoiattoli iperattivi, non stiamo mai con le mani in mano. La mia mente frulla sempre e le idee e i progetti diventano sempre più reali.
Assieme impariamo a dare il giusto tempo, il ritmo adatto, perché l’educazione è un insieme concatenato di azioni che hanno bisogno del momento adatto. Di tempo per accogliere e ascoltare, di tempo per scrivere e progettare e di tempo per fare, per dare risposte. È necessario dedicare ore o minuiti anche a riflettere, a rielaborare ciò che viene vissuto, mettendolo in ordine prima di assimilarlo.
È ormai mal comune lamentarsi del tempo perso, appioppando così un altro interessante aggettivo al ticchettare delle lancette. È vero il tempo è una risorsa, come tale va sfruttata, ma proprio come ogni risorsa non può e non deve essere spremuta al massimo, sembrerà incoerente con quello che ho detto fino ad ora, ma il mondo ha bisogno di tempo perso, di tempo per perdersi, di sana pigrizia, quella che fa venire le idee mentre i piedi camminano senza una meta prestabilita.
In un mondo che ci chiede di risucchiare tutte le risorse che ci circondano è un atto rivoluzionario cercare di perdere del tempo, di non metterlo a disposizione del mercato, di prendercelo per noi o per donarlo agli altri, ma quando ti ritrovi a passare ore scrollando qualche social media, senza darti nemmeno il tempo di assorbire gli stimoli che hai davanti inizi a chiederti come fare per non perderne più, demonizzando ogni minuto che ti sembra poco produttivo. Ma è solo un campanello d’allarme quel lasciar passare le ore di fronte ad uno schermo, se l’ascoltassimo capiremmo cosa vogliamo dai nostri minuti preziosi, ciò di cui abbiamo bisogno per riempire quei sessanta secondi di valore.
E mentre ci arrovelliamo sulle sfumature dei suoi significati il tempo, quel concetto intangibile e concreto, inesorabile scorre ed è già una nuova primavera.
Una primavera chiusa in casa. Una primavera per trovare il nostro ritmo.